Le api la nostra purezza, parliamo di api…

Agosto 12, 2020 By wp_158552 Non attivi

INTRODUZIONE ALLA APICOLTURA NATURALE

di Phil Chandler www.biobees.com

pubblicato da P.J.Chandler SmashWords

Copyright © P J Chandler 2010

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DESCRIZIONE

La mia intenzione è di descrivere le principali caratteristiche che distinguono cosa ha iniziato ad essere conosciuta come “apicoltura naturale” e suggerire i metodi con i quali possiamo creare una metodologia che sostenga, rinnovi e sviluppi la nostra relazione con le api da miele.

CHE COSA E’ L’APICOLTURA NATURALE?

E’ una definizione che é stata applicata ad uno stile di apicoltura che pone l’enfasi sulle api stesse piuttosto che sul loro prodotto. Questo può essere caratterizzato come “ l’apicoltura per il benessere delle api e non per il miele”.

Questo in contrasto con lo stile d’apicoltura che si è formato nella metà del diciannovesimo secolo, con l’invenzione del telaio a favi mobili, che è stato disegnato per un’apicoltura commerciale per la produzione del miele e le sue possibilità economiche.

Ampiamente dovuto alle vendite entusiastiche del suo inventore, l’arnia Langstroth e le sue variazioni si sono affermate come lo standard per entrambi gli utilizzi, hobbistici o professionali e pochi hanno contrastato il loro uso o almeno fatto considerare pubblicamente delle alternative, fino all’ultimo periodo del ventesimo secolo, dove divenne chiaro che le api stavano soffrendo di malattie e parassitosi in modo mai rilevato prima.

APICOLTURA SENZA CHIMICA

Durante l’uso delle arnie tipo Langstroth si è sviluppata la pratica di applicare trattamenti con prodotti  chimici di sintesi, con lo scopo di sopprimere gli effetti delle malattie nelle api.

La maggior parte delle persone che consumano regolarmente il miele probabilmente non lo  realizzano, lontano dall’essere puro,  cibo salutare e naturale, il miele è prodotto commercialmente in alveari che ricevono in modo rutinario applicazioni di antibiotici e pesticidi, talvolta che includono organo-fosfati, solo per mantenere le api vive. In quest’ottica, l’apicoltura commerciale è simile ad altre forme di agricoltura industriale, nella quale le api sono allevate intensivamente e spinte per la massima produzione fino al limite estremo delle loro capacità. Il miele è sottoposto alla centrifugazione, riscaldamento e ultra filtrazione, metodiche queste che hanno evidenziato la considerevole riduzione del valore nutrizionale e delle naturali qualità salutari.

Per contro, gli apicoltori che tentano un approccio più naturale all’ apicoltura stessa cercano di evitare l’uso della sintesi chimica e dei trattamenti, pongono la loro attenzione a fornire le migliori condizioni possibili nelle quali le api si possano sviluppare, prendendo solo il miele che le api si possono permettere di perdere. Gli apicoltori “naturali” tendono a operare su piccola scala non commerciale.

PARADOSSO SVELATO

Dobbiamo riconoscere la difficoltà connaturata nelle parole “apicoltura naturale”: nello stesso momento in cui consideriamo di “tenere” delle api iniziamo ad allontanarci da ciò che è veramente “naturale”. In natura soltanto le api allevano api.

Quindi che cosa intendiamo per “apicoltura naturale” e cosa è innaturale nell’apicoltura convenzionale?

Per essere considerata “naturale” la nostra apicoltura deve prendere in considerazione:

  • Gli impulsi naturali e il comportamento delle api, incluso la raccolta, la sciamatura, l’immagazzinamento e conservazione del cibo e la difesa del nido.
  • Come la progettazione dell’alveare influenza le api.
  • L’idoneità dei materiali usati includendo le considerazioni sulla sostenibilità.
  • Il tipo e la frequenza dei nostri interventi.
  • L’impatto a livello locale di un grande incremento della popolazione di api da miele sulle altre specie di impollinatori.
  • Il bilancio fra la raccolta del miele e i bisogni delle api stesse.
  • La natura degli eventuali input aggiunti, trattamenti e nutrizione.

IMPULSI NATURALI

Molto è stato scritto sulla sciamatura, principalmente su come prevenirla. Gli apicoltori convenzionali spendono tempo e fatica facendo del loro meglio per intralciare l’istinto delle api a sciamare. Apicoltori d’esperienza vi diranno che la prevenzione alla sciamatura è molto difficile e dispendiosa in termini di tempo e, tanto spesso, fallimentare: gli apicoltori naturali tenderanno a focalizzare i metodi per lavorarci assieme piuttosto che contrastare il ciclo riproduttivo naturale delle api. Allo stesso modo dobbiamo ammettere il fatto che le api vogliono, in misura maggiore o minore, difendere collettivamente la loro casa, la loro regina e il cibo immagazzinato e aggiustare quindi il nostro comportamento causando loro il minimo stress.

PROGETTAZIONE DELL’ALVEARE

Esistono centinaia di progetti di alveari e molti se ne aggiungono ogni anno. Molti di questi usano telai (per la praticità dell’apicoltore) e fogli di cera ( presumibilmente per fornire alle api una “partenza anticipata”). A mio avviso questi due elementi intralciano le api e causano più problemi di quelli che riescono a risolvere: i telai riescono a creare dei nascondigli per i parassiti come la tarma della cera e l’Aethina Tumida  mentre il foglio di cera è semplicemente della vecchia cera riciclata contenente tracce di prodotti di sintesi che altri apicoltori hanno aggiunto ai loro alveari, legalmente o no, e in gran parte sconosciuti.

Gli alveari “top bar” (orizzontali o verticali, “arnie africane o arnie Warrè ndt”) o a forma di tronco, a tubo o a paniere, sono preferiti dagli apicoltori naturali poiché sono progettati principalmente per assecondare i bisogni delle api piuttosto che quelli dell’apicoltore, mentre si fa ancora “apicoltura” in opposizione alla possibilità pratica di “avere” semplicemente delle api.

MATERIALI DELLE ARNIE

Chiaramente il legno non trattato è la prima ovvia scelta per le arnie, simile e più vicino al loro ambiente  preferito cioè l’albero cavo.

Anche la paglia e il giunco sono materiali pratici dell’alveare, specialmente dove le piante erbacee sono più facilmente disponibili del legname, mentre le arnie di terracotta sono comuni e adatte ad alcune zone climatiche.

La sostenibilità deve essere sempre presa in considerazione, incluso il contenuto energetico di un’arnia: le arnie a telai, per esempio, devono essere costruite utilizzando attrezzature consumatrici di energia in ragione delle piccole tolleranze nella loro progettazione/realizzazione, mentre top bar e altre arnie semplici possono essere realizzate utilizzando attrezzi manuali.

VISITE

Gli apicoltori naturali aprono l’arnia  quando esiste un buon motivo per farlo e tendono a non effettuare “ispezioni routinarie” solo perché sono trascorsi molti giorni, eccetto che  sospettino un problema a seguito di una osservazione all’entrata. Usiamo tutti i  nostri sensi, odorato incluso, gusto e udito per aiutare a diagnosticare la salute della colonia. Consideriamo che l’atmosfera dell’alveare sia importante sia per la ritenzione del calore che per il controllo peculiare dei  problemi potenziali di malattie e parassiti. L’interferenza non necessaria nella vita altamente specializzata delle api causa loro stress e può farle divenire più suscettibili alle malattie.

L’IMPATTO A LIVELLO LOCALE

C’è stato per lungo tempo un atteggiamento degli apicoltori di presumere che le loro api possano soltanto aumentare la qualità dell’ecologia locale, dimenticando che riempiendo un’area con centinaia o migliaia o anche milioni di api mellifere possa essere deleterio per i bombi locali o per la popolazione di api muratrici, per esempio. L’apicoltore naturale considererà questo fattore ambientale quando progetterà dove piazzare gli alveari e in quale numero.

Allo stesso modo tutti gli apicoltori dovrebbero essere consapevoli dell’impatto potenziale della vicinanza degli alveari con altre persone e animali, come i cavalli che sono notoriamente sensibili alle punture d’ape.

RACCOLTA DEL MIELE

Naturalmente la maggior parte delle persone alleva le api per il loro miele, gli apicoltori commerciali gestiscono le loro api per massimizzare i raccolti. Gli apicoltori naturali possono preferire di allevare le api per il loro bene, o raccogliere soltanto il miele che essi giudicano possano condividere, accertandosi che le api stesse ne abbiano abbastanza per portarle attraverso l’inverno e nel periodo di scarsità.

TRATTAMENTI E NUTRIZIONE

L’abuso dei trattamenti è certamente il fattore causale nella crisi recente della salute dell’ape, particolarmente negli Stati Uniti d’America. Sia gli hobbisti che gli apicoltori commerciali sono stati consigliati per anni dai loro “organismi professionali” che è fondamentale applicare una profilassi antibiotica, anti acaro della trachea e la più famosa anti Varroa con una cadenza regolare, nonostante l’evidente crescita dell’ accelerazione e evoluzione dei batteri e parassiti resistenti ai trattamenti.

Aggiungere qualsiasi sostanza estranea in un alveare causa alle api un extra lavoro per distrazione di parte delle loro energie verso la metabolizzazione dell’intrusione. L’apicoltore naturale preferisce non usare alcuna medicazione, se qualche trattamento si dimostra necessario, opterà per un rimedio erboristico, omeopatico o biomeccanico con il minimo effetto destabilizzante.

Similmente, l’apicoltore naturale considera la nutrizione con lo zucchero come l’ultima risorsa piuttosto che una procedura di routine, preferendo lasciare svernare le api con il loro miele e estrarre l’eccedenza in primavera, quando non è più necessario.

Così siamo coinvolti in un processo costante e ci adoperiamo per un’apicoltura completamente naturale, che in ultima analisi non è realizzabile, pur riconoscendo che le api seguiranno il loro cammino indipendentemente dai nostri desideri. Il nostro rapporto con loro è quello di un mediatore o tutore piuttosto che un custode. Possiamo dire che il ruolo dell’apicoltore naturale é di consentire alle nostre api di raggiungere l’espressione più completa possibile mentre sono sotto la nostra cura.

L’APICOLTURA NATURALE E LA SOSTENIBILITA’

Il nostro obbiettivo generale nell’apicoltura naturale è quello di raggiungere uno stato di sostenibilità/riequilibrio tra input e output in modo tale che le nostre attività migliorino piuttosto che danneggiare la salute delle nostre api, altre specie e il pianeta.

Per essere veramente sostenibile un sistema deve essere il più possibile vicino alla neutralità delle emissioni di carbonio, non richiedere alcun input di sintesi e non deve avere un impatto negativo sull’ambiente naturale. Così se vogliamo continuare ad avere un rapporto con le api dobbiamo considerare quale impatto hanno le attuali pratiche apistiche,  e quanto il nostro approccio “naturale” può cercare di migliorare questo stato di cose. Le operazioni caratteristiche dell’apicoltura commerciale fanno un uso eccessivo di energia elettrica. Il legname, che può derivare o no da forniture sostenibili, è tagliato , fresato e sminuzzato da macchinari a motore prima di essere assemblato nelle arnie, per essere poi trasportate per strada, per mare o per treno e successivamente ancora per strada nelle postazioni apistiche. Le visite regolari degli apicoltori richiedono carburante derivato dal petrolio e altro ne è richiesto per riscaldare la considerevole quantità di acqua che occorre per sterilizzare, lavare le macchine disopercolatrici, le centrifughe, maturatori e pavimenti. Altra energia è richiesta per recuperare il raccolto, estrarlo e mescolarlo, nella distribuzione dello sciroppo di zucchero , che occorre alla sopravvivenza delle api in conseguenza alla rimozione delle loro scorte. Il miele deve essere filtrato, invasettato e distribuito ai grossisti e da lì al punto vendita al dettaglio. Nel frattempo la cera d’api è recuperata attraverso il vapore d’acqua, pulita e filtrata e spedita per essere nuovamente sciolta e trasformata in lamine per i fogli di cera, quest’ultimi vengono riacquistati dagli apicoltori per essere inseriti nei telai per la stagione successiva. Gli apicoltori nomadi negli States caricano gli alveari sui TIR a migliaia e attraversano il paese per l’impollinazione dei mandorli, al nord per le colture di mirtilli. Nel Regno Unito questo genere di attività è attualmente limitata allo spostamento degli alveari alla brughiera in agosto per il raccolto d’erica, anche se una certa quantità e in scala più piccola, il nomadismo sull’impollinazione delle piante da frutto è ancora svolto.

In ragione dell’egemonia della Langstroth (e delle arnie derivate, ndt), l’intero scenario è effettuato in miniatura dagli apicoltori amatoriali, che imitano numerosi le attività dei loro colleghi professionisti. Possono avere anche solo pochi alveari al limite dei loro giardini, ma nella maggioranza dei casi non hanno considerato alcuna alternativa alla costosa, energivora attrezzatura ottenibile dai luccicanti cataloghi delle aziende fornitrici , così molti di loro finiscono con un garage pieno di carpenteria in legno e acciaio inossidabile.

Sappiamo che le api non desiderano nient’altro che una asciutta, ventilata cavità nella quale costruire il proprio nido. Invece, gli apicoltori “moderni” le forniscono di una scatola piena di telai di legno, dove sono montati fogli di cera, utilmente impressi con una base esagonale sovradimensionata di una cella da “ape operaia”.

Uno sciame d’api inarniato da poco deve restare sorpreso trovando quanto è stato fatto per lui i favi già costruiti appesi in file ordinate, con spazi tutto intorno per l’accesso, che vantaggio per una colonia di api indaffarata.

Ma quello che può sembrare ad un primo sguardo una grande convenienza contiene qualche controindicazione significativa. Tutte le celle impresse sono della medesima taglia, eppure chiunque abbia osservato un favo naturale sa che le misure delle celle variano considerevolmente, non soltanto tra operaie e fuchi: le celle da operaia stesse variano nel diametro in accordo a regole che solo le api conoscono. Tutti questi telai dritti come fusi possono sembrare accurati, ma le api non costruiscono favi così, preferiscono qua e là delle curve morbide. Se guardate le api mentre costruiscono un favo naturale in uno spazio ampio, si tengono in forma di catene, con le zampette collegate, come se stendessero le dimensioni del favo nello spazio e lavorassero sopra la propria testa, cosa che non possono fare sui fogli di cera. Quindi un buon accordo nella cosiddetta “moderna” apicoltura è insostenibile secondo il nostro punto di vista. In termini di resa in miele è chiaramente un miglioramento rispetto ai tronchi e ai canestri , ma in relazione alla salute delle api e della efficienza energetica ha dimostrato di essere un disastro.

Il lavoro progressivo dell’apicoltore naturale è trovare il modo di interagire con le api che sia veramente sostenibile e di supporto, per le api , per noi stessi e per il pianeta.

CRITERI DELL’APICOLTURA NATURALE

Nel libro “The Barefoot Beekeeper” ho proposto i seguenti tre semplici principi che devono essere considerati nell’ apicoltura “naturale”:

  • L’ingerenza nella vita delle api è mantenuta al minimo.
  • Niente è inserito nell’alveare che sia conosciuto essere certamente o probabilmente dannoso sia per le api, per noi o l’ambiente nel suo complesso e niente è prelevato che le api non possano permettersi di perdere.
  • Le api sanno quello che stanno facendo, il nostro lavoro è di ascoltarle e provvedere alle condizioni migliori per il loro benessere, sia all’interno che all’esterno dell’alveare.

Questi concetti mi sembrano formare una base solida per il nostro pensiero riguardo all’approccio alle api e all’apicoltura. Non appena tentiamo di definire ulteriormente i parametri ci troviamo nel pericolo di iniziare a creare un “libro di regole”. Non occorre guardarsi molto attorno nel mondo d’oggi per vedere quanto divisivi e distruttivi siano stati altri “libri di regole”.

“Naturale”, “equilibrata” o “sostenibile” qualunque nome vogliamo dare all’apicoltura questa è una procedura, non c’è una unica lettura. Dobbiamo restare flessibili e sempre attenti per i metodi che migliorino le nostre tecniche. Dobbiamo essere attenti alle indicazioni su ciò che sembra funzionare, sempre con la possibilità che esistano modi migliori  ancora da scoprire o da riscoprire, poiché non c’è veramente niente di nuovo in apicoltura.

AGRICOLTURA TOSSICA

Naturalmente non tutti i problemi delle api possono essere attribuiti alla progettazione delle arnie o ai metodi dell’apicoltura. I nostri “moderni” sistemi d’agricoltura devono sopportare gran parte della colpa: per molti anni pesticidi, fungicidi e erbicidi sono stati riversati, spolverati e spruzzati sul nostro raccolto alimentare, senza pensare alle conseguenze sulla flora e fauna selvatiche e alla salute del terreno. Coltivazioni mutate geneticamente sono state frettolosamente immesse sul mercato in nome del profitto, con praticamente nessun test per la sicurezza a lungo termine.

In ampie distese di terra sono state messe a dimora monocolture dipendenti dalle sostanze chimiche, con un impatto inevitabile sulla biodiversità. Durante la mia vita un grande impegno è stato messo nel ripulire le nostre città dall’ inquinamento atmosferico, fino al punto che apicoltori in Londra riescono sistematicamente a ottenere  un raccolto in eccesso rispetto ai loro cugini in campagna.

Se vogliamo salvare le api e, presumibilmente, noi stessi da problemi di salute cumulativi , dobbiamo iniziare adesso una pulizia simile nelle nostre campagne e liberarla dai veleni che stanno minando la base stessa della vita sulla terra: la struttura vivente del suolo.

IL FUTURO DELL’APICOLTURA NATURALE

Storicamente abbiamo iniziato la nostra relazione con le api quando qualcuno scoprì che il sapore del miele valeva di più del dolore che costava raccoglierlo. Diventammo cacciatori di miele e fino a quando ci furono pochi di noi e moltissime di loro questo era sostenibile. Quando qualcuno scoprì che era possibile offrire un riparo alle api mentre facevano il miele, e successivamente ucciderle  per razziare le loro scorte, divenimmo custodi d’api e fino a quando ci furono pochi custodi e molte api.. anche questo era sostenibile.

Poi qualcuno inventò un modo per ospitare le api che non richiedeva la loro uccisione, ma che invece permetteva alle persone di gestirle e controllarle in una certa misura, organizzare le cose in modo da indurle a produrre più miele per i loro padroni che per se stesse, e siamo diventati apicoltori. E ciò fu sostenibile per un periodo perché c’erano ancora molte di loro nonostante fossimo molti anche noi, ora possiamo manipolare la loro riproduzione, così è possibile farne di più a nostro piacimento. Adesso è divenuto chiaro che ci siamo spinti troppo oltre, poiché le api iniziano a soffrire di malattie che erano praticamente sconosciute tempi addietro, e hanno dovuto ricevere medicine per essere mantenute in vita. E perché un’intera industria era cresciuta intorno all’allevamento di queste api, e c’era in gioco un sacco di soldi, gli apicoltori sono stati lenti a cambiare i loro metodi e molti non hanno potuto farlo per paura del fallimento economico, e così la salute delle api è peggiorata e sono state soggette a parassiti e virus che non le avevano mai disturbate in passato.

Nel frattempo, abbiamo dimenticato come coltivare il cibo come facevamo, perché non siamo dei veri coltivatori  inclini al lavoro nei campi, e abbiamo invece escogitato modi ingegnosi per rendere il suolo capace di ospitare molte altre colture. Abbiamo sversato fertilizzanti su i nostri campi e ucciso ogni creatura che fosse di disturbo con i “ pesticidi”, definendo un’intera classe di organismi viventi come nostri nemici e pertanto superflui, questo non è mai stato sostenibile e non potrà mai esserlo: preleviamo costantemente più di quanto depositiamo.

Ed è qui che ci troviamo oggi, ed è questo il problema che abbiamo di fronte: le api che sono diventate deboli attraverso lo sfruttamento e un sistema agricolo tossico, alleato dell’impossibile aspettativa di continua crescita economica.In quanto “apicoltori naturali”, il nostro lavoro più urgente è quello di riportare le api al loro stato originale e sano. Dobbiamo pensare a noi stessi come “custodi” nel senso di “nutrire e sostenere”, piuttosto che “schiavizzare”, che è il vecchio metodo. Dobbiamo cercare di proteggere e conservare l’ape lavorando nell’ambito delle loro capacità naturali, e non spingerle costantemente verso una produzione sempre maggiore. Dobbiamo sfidare l’intero sistema agricolo ed economico che ci ha portato a questo risultato perché, senza cambiamenti a quel livello, il futuro sia per noi che per le api è tetro. Possiamo iniziare stabilendo nuovi e più naturali modi di lavorare con le api: né noi né loro abbiamo bisogno di “trattamenti” innaturali con antibiotici sintetici, fungicidi o miticidi.

Non abbiamo bisogno di gestire “fabbriche di miele” possiamo accontentarci di fornire una sistemazione per le api in cambio di tutto quello che possono permettersi di darci (specialmente a livello amatoriale ndt),  alcuni anni può essere niente, in altri può essere un abbondante raccolto.

Tale è la natura: le api dipendono dal miele per la loro sopravvivenza; noi no.

Se il prezzo del ritorno delle api ad uno stato naturale e salute robusta è un po’ meno miele sul nostro pane tostato, non é un sacrificio che vale la pena di fare?

Phil Chandler

Febbraio 2010

Traduzione in italiano a cura di Marco Mantovani svapiman@virgilio.it